Arrivo tardi quando si parla di televisione. Mi piace pensare che sia perché mi sono persa quello su cui valeva la pena di restare aggiornati mentre ero a Londra e non perché da quando sono tornata sfuggo alla cronaca guardando solo Real Time. Anche se inizio a farmi delle domande sulle responsabilità della seconda abitudine. Tipo l’altro giorno quando Jacopo ha commentato questa vetrina con un “che ne dici della versione animalier?” Forse abbiamo esagerato con #shoppingnight.
Comunque, pare che questa pubblicità vada in onda dal 2011 e sono io che l’ho vista solo qualche sera fa. Mi disturba -e fin qui niente di strano. Guardo un po’ in rete per capire se sto invecchiando veramente troppo male o se è suonata stonata anche a qualcun’altro e trovo due articoli che centrano il punto: quello del bravissimo Gunther e questo del CO.DI.CI.
Orrore. In generale rifuggo le arringhe moraleggianti da qualunque pulpito provengano, figuriamoci se la fonte promette acidità certa come il Centro Diritti del Cittadino. Archivio la bruciante conferma che sì, sto invecchiando proprio male e sottoscrivo ogni parola della segnalazione all’autorità garante. Faccio proprio di sì con la testa mentre leggo, come a un comizio. (Ricordarsi di aspettare i cinquanta per convertirsi alle Converse, sta nel personaggio).
Se non puntava al rispetto, un’azienda brianzola del ‘48 poteva sicuramente cercare l’affetto dei suoi consumatori. Poteva tirare fuori dal comò un po’ di nostalgia a sproposito. Poteva dipingersi rassicurante #alloracomeadesso. Ci si poteva chiedere se un marchio ha il potere di farci sperare nel futuro con uno spot ottimista e battagliero e se la pubblicità ha una responsabilità sul tono dell’umore di un paese.
E invece no. Star ci rivela che grazie al dado si insegna ai bambini ad amare la verdura. Wow. Me lo ripeto per vedere se almeno un po’ mi irrita invece riesco a trovarlo solo ingenuo.
Lasciamo stare quanto sia superficiale suggerire che il disgusto per la verdura è connaturato nei bambini invece che nel modello alimentare a cui sono esposti. Un punto di vista competente in Italia non serve a nessuno, figuriamoci per giocare all’azienda che aiuta a diffondere l’educazione alimentare nelle case di tutti.
Lasciamo stare quanto sia cafon-presuntuoso suggerire a degli adulti di non aspettarsi granché dalla verdura, che tanto sempre verdura è. Un adolescente cresciuto in un Mc Donald’s non avrebbe saputo esprimerlo meglio. La perla arriva ora. Il sapore mediocre della verdura va mascherato con qualcosa di meglio. Il dado!
E’ vero che iniziare qualcuno al piacere del cibo è prima di tutto divertire e stupire. Ma non così tanto.
Si può cercare insieme la più croccante tra le insalate. Il sapore di menta nel finocchio. Le patatine fritte più asciutte del quartiere. Il supplì che fa il filo più lungo.
Ma dubito si faccia educazione al gusto a propinare a chiunque verdura lessata nel brodo. Di dado.
Ma più che altro ho una domanda che mi assilla. I grandi. Il trucco del dado funziona anche per loro?
Un’altra cosa dubito. Che si faccia un favore alla propria immagine commerciale a prendere in giro i consumatori. “Senti che buone le verdure col dado? AAAHM!”
Ma del resto la storia della pubblicità in questo campo l’ha scritta la Knorr. Ve la ricordate?
La buona notizia invece è che la verdura è davvero buona e che ci sono almeno tre modi veloci di farla conoscere ai bambini by-passando il glutammato
- CRUDA con un po’ di fantasia. I due bambini che guardavo a Vienna facevano ogni giorno un pic nic nel giardino condominiale a base di ciliegini, cetrioli e peperoni. Alla mia sorpresa, la prima volta che mi hanno chiesto peperoni crudi per merenda, la mamma ha risposto “tzono colorati come gli orzetti di gomma”.
- PASSATA nelle vellutate. Ma non un frullone di qualsiasi minestra arriva a tavola. Vellutate monoverdura come le mangiano i grandi, per prendere confidenza con un sapore alla volta.
- STUFATA in una cremina di acqua e pochissimo burro. Ma questa cottura merita un post a parte e ne riparleremo –stay tuned.