Sto per fare outing, amo i commenti anonimi. Tanto rispondo lo stesso.
Prendete post come la recensione del Mc Italy o del nuovo Ben and Jerry’s a Firenze. Senza quei due o tre commenti malevoli infilati tra polpa e osso non si sarebbe scatenato un dibattito altrettanto interessante. Mi piace lasciare spazio anche alla cattiveria gratuita perché penso che dove c’è un fondo di vero, vale la pena di considerarlo.
L’ho deciso al ginnasio con quella serietà che dopo i quindici anni si dimentica. Dico a una compagna che “ovviamente scherzavo” e mi risponde che dietro a ogni scherzo c’è un fondo di vero. Mortificata e affondata. Ma piena di stima per la risposta che mi svelava un’amica. Per il coraggio di avermi denudato. Per l’apertura alla critica. Per la lezione. Ho capito che avevo appena imparato una regola del pollice per navigare bene a vista per la vita: “Ascolta sempre chi scherza perché ti sta dicendo una verità che forse non vorresti sentire. E quello che non vorresti sentire non temerlo mai”.
“Amen” mi risponderei adesso.
Per questo mentre rivedevo i contenuti dei prossimi post mi è venuta un’idea. Perché non mi dite che ne pensate di cavoliamerenda in un commento rigorosamente anonimo? Un po’ come un sondaggio, ma più serio di quello in foto.
Mi piacerebbe sapere cosa cercate quando tornate su cavoliamerenda e se c’è qualcosa che invece non vi interessa.
Vi piacciono i post senza ricetta? E quelli a elenco di idee? Siete contenti che il blog abbia riaperto? Ve lo aspettavate? Ci sono cose che credevate di trovare al mio rientro e invece nessuna traccia? Non ci capite niente della nuova home? Preferireste il link al profilo Facebook invece che alla pagina?
Ditemelo. Questo o altro. E’ il posto giusto per essere sinceri senza paura di essere fraintesi. E’ il modulo commenti di questo post, modalità anonimo. Scatenatevi.
PER I PRIMI CENTO FORTUNATI, CINQUE MINUTI NELLA CARTELLA CAVOLIAMERENDA DELLA MIA TESTA
Non so come ci si mangia, ci ho preso solo un tè. Ma comunque è un posto incredibile. Postare o non postare? Non ho fatto una foto alla campanella d’argento sul tavolo. Aspettare di tornare a Firenze per avere la foto fatta da te? Ti vuoi perdere il piacere dell’immediatezza? Rischiatela e spiega perché ci devono andare. Prendi una foto dalla pagina di Facebook, le farà piacere se ne parli, vedrai che il permesso te lo dà.
Quanto ancora vuoi parlare di macchie difficili? Ma è una campagna per rivalutare l’estetica della casalinga disperata? Il secondo post sul Marsiglia lo fai aspettare. O vuoi lanciare un trending topic su Twitter? Nel caso #puliresulpulito
Raccontare di quella festa in giardino? Stamani ti hanno chiesto di organizzarne una e ti sei persa tra le lenzuola appese in quel ricordo, a chiederti se saresti arrivata qui senza quella festa. Che ora le rivedi su Pinterest le stesse lenzuola, con le lucine sotto e pensi che non si finisce mai di riscoprire l’acqua calda.
E anche che i gusti della rete sono gli stessi tuoi di quando avevi dieci anni. Che se non avessi visto tutti quei like e quei repin non avresti nemmeno considerato l’idea che forse anche dentro di te c’è ancora un po’ di bambina. Comunque non ce l’ho una ricetta da postare con quella storia. E ti serve un pretesto per raccontarla?
Per chi se lo stesse chiedendo i miei pensieri battibeccano davvero tutto il giorno come due vecchie zie, non era un esercizio di scrittura creativa.