11 febbraio 2013

Le frittelle di riso senza farina della nonna di Firenze

Ho vissuto un’infanzia sul confine tra il Nord e il Sud dell’Italia segnato dai semi delle carte. I nonni abruzzesi erano la mia prima casa. La nonna che mi lasciava cuocere i miei gnocchi sul termosifone, il nonno che giocava con me a scopa. Che seguivo con lo stesso passo zoppicante come un cagnolino fedele.

La nonna di Firenze era quella che mi lasciava mettere la sua cipria prima di uscire. Quella del piattino della sigaretta sul davanzale accanto al pane per gli uccellini. Quella delle carte difficili per me che aspettavo sempre l’asso di bastoni. La sua identità ostinatamente cittadina era la mia seconda lingua. Quella che i bambini bilingui ci mettono di più ad accettare, ma per cui dopo sviluppano un senso di appartenenza più maturo.


Quando le ho chiesto, come tutti, la ricetta di queste frittelle, la sua memoria si stava già sfilacciando. Una nuvola bianca sempre più rada come quella dei suoi capelli. 
 
“Te la darei volentieri ma ora non mi riesce di ritrovare il foglio” Eravamo a telefono. "Aspetta un attimo che scendo a chiederla alla Minucci”.  
 
Ascolto l’infinità che le serve a scendere nel vialetto fiorito, distinguere la vicina dalle foglie del giardino, salutarla come in un giorno qualsiasi, ricordarsi perché l’aveva cercata, accarezzare coi passi due rampe di scale. Misuro tutta la distanza che la separa dal mondo e da me. Il silenzio sereno della sua casa che riempie comunque la cornetta di qualcosa che non è ancora niente.

Accetto che è già un po’ meno la nonna che mi ha insegnato il Machiavelli, un gioco cervellotico che fuori Firenze non sembra conoscere nessuno e che ci vuole un pomeriggio intero a concludere iniziando come noi dopo il caffè. Alla fine avevo iniziato a chiamarlo il Jack anch’io.


 
Quando riprende in mano la cornetta, cerca una voce disinvolta. Mi legge la ricetta che ha dato lei stessa alla vicina. Ogni tanto se la ricorda davvero. Mi raccomanda che il riso va girato tanto. Fino a quando non ti fa male il braccio e poi devi continuare. Questo lo diceva ogni volta che metteva in tavola il vassoio con le frittelle e a me tornava sempre in mente quella principessa che tesseva le ortiche in silenzio per liberare i fratelli stregati, anche da adulta. 



Non vi scoraggiate per questa faccenda del braccio perché la nonna di riso ne cuoceva un chilo per volta, che non è il nostro caso.
Piuttosto, fidatevi a farle senza farina. Era il segreto delle due ricette che le chiedevano sempre, l’altra è quella degli gnudi. Niente farina nell’impasto.
Vi sembrerà di friggere una crema a cucchiaiate e sarete certi del fallimento. 

Giurerete di non fare più nessuna ricetta di questo blog e sarete convinti di dover rifare tutto da capo. Ma verrete ripagati quando una volte fredde affonderete i denti nel ripieno morbidissimo dei budini di riso sotto alla crosticina caramellata invece di trovare una frittella elastica e asciutta. Fatemi sapere.

LE FRITTELLE DI RISO SENZA FARINA DELLA NONNA ELENA
SERVONO 


1 litro di latte intero
250 grammi di riso originario
125 grammi di zucchero
la scorza grattata di un limone

3 uova

2 cucchiai di cognac
1 cucchiaino di estratto di vaniglia (la nonna usava una bustina di vanillina ma ora non si fa)
pochissima farina – niente se possibile

COME SI FA 

Questa sera far cuocere a fuoco bassissimo il riso nel latte, aggiungendo a freddo anche la scorza di limone e lo zucchero. Far asciugare bene al fuoco finché il composto non è una crema molto spessa ma i chicchi si distinguono ancora. Lasciar freddare, aggiungere i tuorli e il cognac e far riposare in frigo. 

Domani mattina se siete in vena di levatacce, aggiungere l’estratto di vaniglia e gli albumi montati a neve e friggere a cucchiaini in olio fondo molto caldo. Se proprio volete aggiungete anche una cucchiaiata di farina ma se se ne può fare a meno è meglio. Cospargete di zucchero semolato e servite fredde.



NOTA SUL RISO
Stavo per farle col carnaroli, che poi è il riso che avevo in casa, fortuna che mi si è acceso il momento “blogger che si documenta” e ho scoperto che ci voleva il riso originario. Giurerei che anche le nonne facessero le frittelle col riso che avevano in casa – che dagli anni ‘50 in poi era sempre Riso Gallo Arborio- però pare che l’originario sia proprio meglio. In sostanza il carnaroli tiene bene la cottura e ha i chicchi grandi, l’originario assorbe i liquidi e ha i chicchi piccoli. Quindi originario. Se una cosa si può fare meglio perché farla solo bene?

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