12 marzo 2014

Pitti Taste 2014 - inversioni di tendenza, design per il cibo e novità da far entrare in dispensa








Se vi racconto della colonna sonora che mi parte in testa tutte le volte che  torno a Firenze dite che fa  troppo Ufficio Promozione del Territorio? Ok, allora vi risparmio le considerazioni di repertorio sull'effetto liftante del cielo di primavera sui Lungarni, ve lo lascio immaginare e passo subito a raccontarvi quello che mi ha colpito di questo Taste. A parte l'inevitabile deriva fashion introdotta dal fattore Pitti che al confronto il Taste of Roma sembrava la fiera della ficattola di Borgo a Buggiano, dell'edizione di quest'anno ho apprezzato due cose.


La prima è che ilmondodelfooddiqualità sta riconsiderando le posizioni più rigide del passato e si sta aprendo al prodotto pronto. Tradotto.
Se fino a qualche anno fa era impensabile uscire dall'estetica del cibo della lentezza e dichiarare nell'ambientedeifoodie di non pensarci nemmeno a farsi i macaron o almeno il capocollo in casa, adesso abbiamo ammesso che la mancanza di tempo non era un'invenzione della grande distribuzione ma una realtà con cui si confrontano anche gli appassionati di cucina. Qualcuno l'ha esplorata e ha tirato fuori risotti, pasta e brodi pronti non più "buoni come a casa" ma "buoni come al ristorante".

La seconda è che il design per il cibo è finalmente diventato grande e si sta sviluppando principalmente in due direzioni. La prima è il packaging con cui interagire, che crea un legame emotivo col prodotto prima di assaggiarlo o dopo che l'hai finito - come già i mobili Ikea che te li monti prima di usarli o il barattolo di Nutella che poi diventa un bicchiere. La seconda è il design dell'esperienza del prodotto, che sarebbe lo studio di come farti accorgere di quello di cui ti devi accorgere senza fartene accorgere. 


mi sono piaciuti - FOOD CONCEPT

1.   I risotti fioriti di Federica Rosso di Riso Naturalia
Da tenere in dispensa per quando resta a cena l'amica sciccosa.
Sguardo accogliente, voce gentile, pensavo fosse un'imprenditrice garbata invece era una pioniera. Per rilanciare l'azienda del bisnonno, Federica ha aggiunto ai suoi risotti erbe selvatiche dimenticate, fettine di frutta liofilizzata e soprattutto petali di fiori. Per sottolineare che la sua è un'azienda tutta al femminile e perché "delle mondine coi piedi nell'acqua non se ne poteva più". 

2.   Il brodo d'autore di Opificio Italiqa
 Da tenere in freezer per un'occasione veramente speciale.
Il concept più irriverente di questo Taste. Sembra un brodo in busta del supermercato, solo che è d'autore. Per la precisione dello chef stellato Valentino Marcattili, che nelle istruzioni sulla confezione non si formalizza a usare parole bandite dai dizionari del Food 1.0 come "microonde" e "surgelatore". L'unico peccato è che per ora i suoi primi d'autore si possono comprare soltanto online.

3.   La confettura di mele rosa allo zafferano di Mario Mercuri
Da provare (invano) a riprodurre a casa.
Avete presente quelle meline profumate, piccole e butterate che non si trovano più da nessuna parte se non in qualche orto del centro Italia? Ebbene, Mario Mercuri le raccoglie, le sbuccia con quella che io mi raffiguro come l'idea platonica di "pazienza infinita" e ci fa una confettura allo zafferano. La cosa bella è che non fa a miccino con lo zafferano ma ce ne mette quanto ce ne vuole per farlo arrivare. Asciutto, forte e chiaro dalla prima papilla gustativa che incontra. 


mi sono piaciuti - PACKAGING

1.   la grappa sulla mouillette di La Valdotaine
Mouillette che per noi fuori-dal-fashion sarebbe il cartoncino del profumo. 
L'ha pensata Paolo Covi per presentare i suoi distillati al pubblico del Taste: una valigetta di "essenze" da vaporizzare e annusare sulla cartina prima di assaggiarli. L'ho trovato l'esempio perfetto di "design dell'esperienza", quello che ti chiede di fare un gesto per farti spostare l'attenzione sulla caratteristica rilevante di un prodotto, in questo caso per una grappa i suoi profumi. Visto che siamo a parlar francese, chapeau.

Due parole sul contenuto: per la prima volta sono riuscita a bere una grappa senza ritrovarmi la bocca bruciata dall'alcool. Se anche voi avete sempre pensato che lo dovesse fare, sappiate che non era il vostro palato immaturo ma la grappa che non era distillata bene.

2.   le box di Opera Olei disegnate da Mirko Tattarini
Completamente riciclabili e - almeno a occhio - tenute insieme senza una goccia di colla, mi sono piaciute perché usano semplicemente l'aria e pochi fori nel cartone per avvolgere le bottiglie e proteggerle dalla luce e dagli urti. Se le state cercando in fotografia vi confermo che anche dal vivo sembravano solo l'allestimento dello stand, invece ogni pila di fogli si apre in due a sorpresa e rivela sei bottigliette. 

Due parole sul contenuto: e in particolare sull'olio di Tonda Iblea dei Frantoi Cutrera che è la cultivar che ho annusato io. Sono sempre scettica quando mi presentano qualcosa come "la Ferrari del completareapiacere". Ma stavolta era vero. Mai. Annusato. Niente. Di. Simile. Un'esplosione di erba fresca, umida e verde. Sull'etichetta garantiscono anche echi di pomodoro ma io sono riuscita a sentirci solo radura d'estate. Da tenere in dispensa se vi si prospettano pallide estati cittadine. Soprattutto se expat.

3.   La finta busta del pane di Riso Naturalia
Robusta e strutturata, non vedo l'ora di tornare a casa a Roma per metterci una pianta dentro. Lo so che detta così sembra un'idea balzana per cui vi ho messo una foto per spiegare cosa intendo.



A proposito di spazi invece la mia personale menzione d'onore va all'allestimento teatrale dello spazio di Guido Tommasi Editore curato da Marco Marzini Design
Detto tra parentesi, vogliamo parlare dei libri di Guido Tommasi lascivamente ammucchiati in un unico posto, che in libreria non riesci a farti nemmeno un'idea vaga di tutti quelli che potresti volere? Il paradiso.





ma ci sara qualcosa che non ti è piaciuto
Sì. Il malcelato snobismo di alcuni espositori. Da quello a cui non devo esser sembrata abbastanza danarosa da meritare un assaggio d'olio a quello che alle domande sui suoi germogli ha continuato a rispondere col solo mantra "no, no, sono per gli chef". Verrebbe da svelargli un grande segreto: prima trasformarsi in "fatturato" il cibo passa dalla casella "cultura".