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La prima volta che ho rivolto la parola a dottor Smart si congratulava di essere finalmente un uomo libero dal greco. Inoltre collezionava insetti tropicali, morti purtroppo, sulle pareti del suo studio. Il pezzo forte, diceva, un ragno dai bei denti.
Io traducevo allora dal greco antico senza dizionario, con quel trasporto dei virtuosi che non hanno molti piaceri. Di poche cose credevo d'aver paura e al primo posto ci mettevo i ragni.
Commentò che non sarei mai entrata in casa sua.
Pensai qualcosa tipo "e chi ci vuol venire".
La prima volta che è venuto a casa mia ha finito tutti i biscotti per il tè.
Non riusciva proprio a smettere di mangiarli e continuava a inzupparli e a scusarsi divertito, come uno che non è abituato all'indulgenza.
La seconda volta che è venuto a pranzo ci avevo messo una certa affettazione.
E quella torta che faceva la nonna quando ero bambina per gli ospiti non troppo ospiti. Avevo allineato le fette di ananas sulla panna e accarezzato ogni ricciolo che avevo in testa con un po' di cera.
La terza volta era per una festa. Portava in mano un pacchetto di grossi gianduiotti ancora picchiettato di pioggia. Era arrivato per primo e si era subito messo al lavoro, come se quel farfallino e quel gilet li avesse scelti proprio per venire a schiacciare le noci al tavolo di una cucina sconosciuta. Chissà quante altre tartine avremmo potuto preparare chiacchierando. È stato in quel momento che ho pensato per la prima volta "peccato non possa semplicemente restare a vivere qui".
Quella sera dichiarammo che il matrimonio era un gesto estremo e la famiglia con figli un posto strano. La musica aveva suonato tutta la notte per farci dissentire e concordare, gli amici avevano parlato per farci da sottofondo.
Finii da sola quei gianduiotti la mattina dopo, senza mai lasciare quella poltrona. Li scartavo uno dopo l'altro in un frusciare dorato e pensavo che se anche non mi avesse mai ricambiato avrei sempre avuto l'intimità di quella sera.
Mi aveva preso un dito quella notte e l'aveva fatto scorrere sulla striscia di cartone con cui aveva improvvisato un nastro di Moebius. "Ti faccio vedere la normale alla superficie" aveva detto. Pensai che era un modo molto tortuoso di prendermi la mano.
La prima volta che l'ho conosciuto, dottor Smart, è stata solo la prima di tante.
E quando abbiamo creduto che conoscersi era concluso, l'amore si è negato al nostro orgoglio. E quando abbiamo capito di essere non chiusi come pozzi di acqua ferma ma aperti come canali percorsi da acqua viva, quelle volte l'amore si è lasciato imparare.
Domani ci sposiamo e spero proprio che non sia un inizio ma soltanto un seguito.
Tanti auguri di buon compleanno dottor Smart.